Venafro

Quarta città del Molise per popolazione, ha una storia antica ed insigne.
Il consistente numero di chiese presenti sul territorio le è valso l’appellativo di città delle 33 chiese.

Si tratta di molte chiese di dimensioni ed epoche varie presenti nel centro storico e nella zona pedemontana; purtroppo molte oggi sono chiuse al culto e abbandonate.

Il centro storico è stato costruito sulla preesistente struttura urbana romana.

Ai piani superiori degli edifici si trovano le abitazioni, mentre i locali del piano inferiore sono adibiti a botteghe, come è visibile soprattutto nella via per dentro (via Plebiscito).

In particolare è possibile identificare il nucleo longobardo nell’area nei pressi del Castello e l’area medioevale e rinascimentale che ricalca le antiche strade romane. Lungo il perimetro del centro storico è possibile individuare il tracciato murario e le varie porte di accesso alla città. Al di fuori delle mura si ritrovano le sorgenti dalle quali attingere l’acqua.

Tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944 fu teatro, come altri paesi dei dintorni (Pozzilli, Filignano, San Pietro Infine ed altri), di aspri combattimenti fra i Tedeschi, asserragliati sulle montagne a nord e gli Anglo-Franco-Statunitensi, lungo la linea Gustav, per la conquista di Cassino e Montecassino.

Scambiata per quest’ultima dai piloti anglo-americani, Venafro venne colpita duramente dai bombardamenti alleati il 15 marzo 1944 che causarono circa 400 vittime tra civili e militari.

Castello Pandone. Situato ai limiti nord-occidentali della Venafro romana, trae origine da una fortificazione megalitica trasformata successivamente nel mastio quadrato longobardo.

Tale trasformazione avvenne quando il conte Paldefrido vi pose la sua sede X secolo.

Nel XIV secolo, al mastio quadrato, furono aggiunte tre torri circolari e la braga merlata.

Fu trasformato completamente nel XV secolo dai Pandone, signori di Venafro; era difeso su tre lati da un grande fossato alla cui realizzazione fu coinvolta l’intera popolazione.

Il fossato non venne mai del tutto completato per via di una rivolta popolare che reclamava le cattive condizioni in cui era costretta a lavorare.

Al castello si accedeva attraverso un ponte levatoio ad ovest e una postierla ad est.

Postierla che permetteva l’accesso di un cavaliere alla volta e pertanto poteva essere controllata da una sola guardia.

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