Krk (Veglia)

Da Dobrinj, puntiamo dritto su Krk, l’antica Veglia veneziana.

Si trova esattamente al punto opposto rispetto a Šilo: l’uno a Nord est, l’altra a sud ovest e anche de distano 20km, ci mettiamo un bel po’ per arrivarci, poiché ce la prendiamo calma e ci gustiamo il panorama duro e selvaggio attorno a noi.

Veglia è il centro storico, politico-amministrativo, economico e religioso dell’isola.

Il santo patrono della città è san Quirino di Siscia.

Come per tutte (o quasi) le località che si adagiano lungo la costa, la parte bella è quella prospicente il mare.

In città sopravvisse fino alla fine del XIX secolo l’uso dell’autoctona ed antica parlata romanza dalmatica, nella sua variante settentrionale detta appunto vegliotto o veclisano

L’ultimo parlante è stato Antonio Udina, morto alla fine dell’ ‘800.

La cittadina di Veglia è una delle più vecchie città dell’omonima isola, nonché storicamente il centro principale.

Il suo sviluppo risale all’epoca dei liburni, dei romani e proseguendo poi con i bizantini, mentre dal XII secolo divenne la sede dei conti di Veglia Frangipani.

Veglia insieme all’isola passarono nel 1480 alla Repubblica di Venezia fino al 1797, poi sotto l’Impero asburgico fino al 1918, con in mezzo un breve periodo sotto la dominazione francese durato fino al 1815.

Al termine della prima guerra mondiale, esclusa dal Patto di Londra, con il trattato di Rapallo l’isola entrò a far parte del Regno di Jugoslavia e dopo la seconda guerra mondiale della Repubblica Socialista di Croazia nell’ambito della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia.

Dal 1991 con la dissoluzione della Jugoslavia Veglia fa parte del nuovo stato croato.

Così ne approfittiamo, per fare una gita in barca a vedere i delfini e con un pizzico di fortuna, ci riusciamo e sono abbastanza vicini alla costa

il rientro dalla gita, riserva un punto di vista crepuscolare, della costa croata veramente romantico

La cittadella, è carina con le viuzze strette che danno un senso di calore famigliare incredibile.

È presente una comunità di italiani autoctoni che rappresentano una minoranza residuale di quelle popolazioni italiane che abitarono per secoli la penisola dell’Istria e le coste e le isole del Quarnaro e della Dalmazia, territori che appartennero alla Repubblica di Venezia.

La presenza degli italiani a Veglia è drasticamente diminuita in seguito all’esodo giuliano dalmata, che avvenne dopo la seconda guerra mondiale e che fu anche cagionato dai “massacri delle foibe”.

Verso la fine del XIX secolo l’isola era a netta maggioranza croata, anche se viveva in loco anche una minoranza italofona.

Gli italiani costituivano la maggioranza della popolazione del centro abitato di Veglia e di Barusici. Una cospicua minoranza italiana era presente anche a Malinsca e Bogovich (rispettivamente 11,56% e 5,61% della popolazione nel 1880).

Al termine della prima guerra mondiale, la cittadina vegliota, così come il resto dell’isola, fu occupata dalle truppe italiane per poi essere annessa successivamente nel 1919 al Regno di Jugoslavia.

Nonostante l’annessione, gli italiani di Veglia non abbandonarono la città, contrariamente agli altri centri della Dalmazia annessi al Regno jugoslavo e in grande maggioranza, decisero di optare per la cittadinanza italiana.

Uno dei primi atti del nuovo governo jugoslavo fu lo scioglimento della giunta comunale della città di Veglia. commissariato e venne occupata con la forza la scuola italiana (che riaprì nel 1923).

L’amministrazione jugoslava stabilì restrizioni, tra cui l’adozione della lingua croata nell’emanazione degli atti d’ufficio del comune di Veglia.

Il censimento degli italiani all’estero del 1927 confermò l’esistenza di ben 1.162 italiani optanti a Veglia città.

Alcuni di questi italiani scelsero di emigrare in Italia, ma la larga parte decise di restare anche sotto il dominio jugoslavo.

La città rimase a maggioranza italiana fino all’esodo successivo alla seconda guerra mondiale.

La prima associazione italiana a Veglia era il Circolo Italiano di Cultura, con una settantina di soci, fra i quali vi erano le principali famiglie italiane del luogo (Braùt, Maracich, Depicolzuane, Ostrogovich, Udina, Morich, Giurina e Fiorentin).

Altra istituzione comunitaria era la chiesa di San Quirino, patrono cittadino, riservata all’elemento italiano.

Nel 1945 essi erano ridotti ormai solo alla metà circa degli abitanti della cittadina e nel periodo successivo si ridussero drasticamente fino quasi a scomparire.

Dal censimento del 2011 risulta esistente una minoranza autoctona di madrelingua italiana composta 33 veglioti, pari allo 0,53%, riuniti nella locale Comunità degli Italiani di Veglia che aderisce all’Unione Italiana.

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