Poreč – Parenzo

Parentium, oggi Parenzo (Poreč), fu fondata dagli antichi romani su una penisola già sporadicamente insediata.

La piccola città romana era provvista di rete viaria ortogonale di cardi e decumano, che formavano gli isolati degli edifici residenziali e di quelli pubblici.

La pianta della città mostra ancora la struttura del castrum romano: le strade principali, il Decumanus e il Cardo Maximus sono infatti conservate nelle loro forma antiche.

Marafor (che deriva dal latino Major Forum) è la piazza romana con due templi; uno di questi (dimensioni 30x11m), eretto nel I secolo è dedicato al dio romano Nettuno.

Ci sono poi nella città alcune case romaniche, bei palazzi gotici veneziani come la chiesa francescana e la barocca sede dell’Assemblea istriana.

Il Foro si trovava in cima alla penisola, dove sul lato nord nel III secolo sorse un complesso paleocristiano che in seguito, nel IV secolo, assunse la forma di vero e proprio luogo pubblico di culto.

Il vescovo parentino Eufrasio alla metà del VI secolo riadattò a fondo l’allora complesso cattedrale, arredando la basilica maggiore con sontuosi mosaici murali.

Il complesso della Basilica Eufrasiana è il principale monumento di Parenzo, protetto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità dal 1997.

Il processo argomentativo per motivare le ragioni dell’inserimento del monumento nella Lista è stato lungo e complesso, non per qualche difficoltà nella descrizione del monumento, ma proprio perché era necessario motivare la sua unicità tra monumenti coevi in maniera credibile e incontrovertibile.

Il valore di questo monumento, infatti, non risiede soltanto nel valore estetico percepibile dal suo aspetto, ma anche in quello storico e documentario sia nel suo insieme sia nei dettagli.

La valorizzazione contemporanea tiene in considerazione il fatto che tutte le parti strutturali, incluse quelle dette invisibili (muratura interna, fondamenta, strati di intonaco, resti archeologici, tracce di fasi edilizie…) hanno un grande valore documentario e scientifico intrinseco.

A questi va aggiunta la destinazione d’uso del monumento, che, a tutt’oggi è rimasta invariata.

Le grandi opere della metà del VI secolo messe in atto da Eufrasio, nuovo vescovo di Parenzo che ottenne la posizione in seguito alla riconquista di Giustiniano in queste aree, sottoposero il duomo a un riadattamento radicale.

La basilica maggiore ottenne un nuovo presbiterio con absidi, colonnato e decorazione nuovi e furono edificati una nuova cappella memoriale, atrio e palazzo vescovile.

La basilica minore e il battistero si conservano all’interno del complesso odierno.

Il vescovo Eufrasio corredò la basilica di pilastri di marmo con capitelli sontuosi e arredo liturgico in marmo proconnesio.

Spunta all’occhio la serie di capitelli eterogenei nella forma (corinzi con serie di acanti spinati, a cesto prismiforme, bizona con animali fantastici ai bordi), mentre i plutei del recinto d’altare, in seguito riportato alla supposta forma originaria sulla base dei frammenti conservati, sono adornati di composizioni simboliche quali croci, il monogramma di Cristo, cornucopie e cervi che bevono da un kantharos.

Gran parte dei frammenti del recinto d’altare e del pulpito monumentale è esposta nell’atrio e nel lapidario.

La scultura architettonica e gli arredi riportano tratti della scultura bizantina della metà del VI secolo e perciò provengono con ogni probabilità da officine di tagliapetra imperiali greche, da dove furono spediti a Parenzo in qualità di prodotto finito.

L’arcata nord presenta l’originaria decorazione a stucco ben conservata, con un ricco repertorio di motivi geometrici e vegetali, inclusi uccelli e cornucopie.

I resti degli stucchi d’epoca sono visibili anche sugli interni delle finestre della facciata occidentale. Il nuovo presbiterio a tre absidi era coperto per intero da una composizione musiva.

Il programma iconografico dell’abside principale consiste in una rappresentazione del Cristo con apostoli sull’arco trionfale, sempre su quest’ultimo una serie di medaglioni con ritratti di sante, e immagini di ampie dimensioni dentro l’abside stessa.

La calotta riporta una Vergine con bambino su trono, affiancata da angeli e santi martiri.

Un’epigrafe fa menzione di S. Mauro, patrono di Parenzo, mentre appaiono, con coorte di santi e martiri, Eufrasio con in mano una basilica in miniatura e l’arcidiacono Claudio con Eufrasio bambino quale suo figlio simbolico.

Per tutta l’ampiezza dell’abside si estende, in quattro righe di lettere bianche su sfondo azzurro, una grande epigrafe secondo la quale la chiesa fu eretta “dalle fondamenta” dal vescovo Eufrasio perché “l’antico tempio” cadeva in rovina, privo di decori.

Nel registro inferiore si avvicendano scene dell’Annuncia-zione e dell’Adorazione dei Magi, con personaggi come S. Zaccaria e S. Giovanni Battista.

Il mosaico è separato con una ghirlanda in stucco dagli ornamenti del pianoterra absidale composti da una serie di campi quadrati eseguiti in opus sectile multicromatico con l’utilizzo di piastrelle di marmo e vetro di decine di colori diversi, con un particolare tocco luminescente conferito dalle superfici in madreperla.

Verso il fondo dell’abside si trova una panca in marmo per gli officianti munita di trono vescovile pienamente conservato, mentre le absidi laterali custodiscono qualche frammento del mosaico della calotta, una scena del Cristo che deposita corone del martirio sulle teste dei santi.

L’atrio dell’Eufrasiana ha forma di quadriportico a triplo arco con coppia di pilastri ai lati.

Questi ultimi e i loro capitelli sono della stessa fattura di quelli dentro la Basilica eccetto due sul lato nord, che sono copie ottocentesche.

Dall’atrio è visibile la facciata principale con scene musive nella parte superiore, un raro esempio di mosaico esterno a un edificio di culto, oggi purtroppo in stato deplorevole.

Dell’originale si sono preservate solo alcune tessere ed alloggiamenti per quelle mancanti, mentre la parte inferiore del mosaico, sebbene conservatasi meglio, fu soggetta a restauro invasivo verso la fine del XIX secolo.

A nord dell’abside della Basilica è posta una struttura più piccola, risalente anch’essa al periodo del vescovato di Eufrasio. Trattasi di cella trichora, composta di uno spazio a volta a trifoglio con davanti un vestibolo ellittico, probabilmente destinata a mausoleo.

La cella custodisce parti di un mosaico multicromatico del VI secolo, con al centro dello spazio un grande sarcofago in marmo, un reliquiario del 1247 che conserva le reliquie dei patroni parentini S. Mauro e S. Eleuterio.

Fra il XII e il XIX secolo la città ha avuto famose fortificazioni.

Piccola nota:
In una delle viuzze del centro storico, abbiamo visto una casa con giardino interamente edicata ai gatti

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